Le giornate si susseguirono.
Ricevetti un messaggio da mia madre con il quale mi diceva di rimanere in parrocchia al posto suo.
Aveva chiesto a Padre Edward di aiutarmi nei miei studi, fin tanto che il mio tutore, allontanato a causa di suoi gravi impedimenti, non fosse tornato.
Fu così che il mio cuore cominciò a battere a più non posso. Pensavo alle parole di Padre Edward e poi a quelle di mia madre.
Io e lui nella stessa stanza per ore a leggere e studiare.
Impossibile.
Ne ero felice.
Ma lui?
Lui "non poteva".
Cercai di alzarmi dal letto. Avevo bisogno di rinfrescarmi il viso e lavare dalla mia pelle la febbre dei giorni passati.
Il mio corpo faticava a seguirmi ma aiutandomi con le sponde del letto riuscii a rimettermi in piedi. Un forte capogiro e finii per terra.
Di nuovo seduta in malo modo.
Cercai comunque di aggrapparmi alle lenzuola e tirarmi su.
Avrei mangiato qualcosa di solido e poi mi sarei preparata un catino d'acqua bollente e mi sarei tolta quei panni sgualciti.
Quando mi affacciai sul corridoio lo vidi, passeggiava su e giù con la testa rivolta in su quasi in preghiera,
le sue mani stringevano il suo libro delle preghiere comuni, le sue braccia erano distese e incrociate dietro alla schiena.
Dalla sua bocca uscivano dolci litanie che diventavano un canto tanto era miele quella voce.
Quando mi incamminai verso la cucina a testa bassa sentii il suo passo cambiare. Mi venne incontro.
<Bella come vi sentite? Non dovreste essere in piedi, siete ancora debole…>
<Oh no… non preoccupatevi, sto molto meglio, ho solo bisogno di mangiare qualcosa e poi di rinfrescarmi>
<Venite, stavo preparando il pranzo.>
<Dovrei occuparmi io di voi. Mi spiace darvi tutto questo disturbo.>
La mia testa bassa, la mia voce tremula, lui sempre più vicino. Le sue mani sui miei avambracci.
<Venite, il camino è acceso, ora vi sedete qua e aspettate che per una volta ancora io mi prenda cura di voi.>
Era come al nostro primo incontro, forse peggio. Eravamo di nuovo estranei. Forse ancora più estranei e distanti dopo il nostro primo incontro.
I suoi occhi erano fermi. Lo vedevo. Lo sentivo. Era accomodante nei modi ma distaccato da me.
E io?
Io avrei dovuto parlare? Non lo so. Avrei potuto, ma poi lui si sarebbe staccato da me e il mio cuore non avrebbe retto.
Per cui decisi che l'unica soluzione era accettare la distanza tra noi.
Accettare che lui non potesse cercando con il tempo di capirne le motivazioni.
Il mio cuore non si sarebbe mai arreso ad un "non posso". Batteva già troppo forte per quell'uomo e non si sarebbe arreso facilmente.
Per cui scendere a compromessi con la sua lotta interiore mi sembrava la cosa più giusta.
<Bella prendete del formaggio intanto. Avete bisogno di recuperare forze.>
Mi passò del pane con del formaggio e poi si sedette accanto a me.
<Ho ricevuto una richiesta da vostra madre. Mi ha chiesto di occuparmi di voi e dei vostri studi.
Voi che ne dite? Vi va di condividere un po’ del vostro tempo con me?>
Strabuzzai gli occhi e il pane appena addentato mi si fermò in gola. Cominciai a tossire e lui mi si avvicinò.
<State bene Bella?>
No, non stavo bene. Era difficile stargli accanto. Stava a me la scelta.
Se egoisticamente non avessi scelto oggi, che sarebbe successo?
Avrei provato a stragli accanto. Accudendo lui e la parrocchia di mattina e nel pomeriggio studiando accanto a lui.
Fu così che decisi di andare avanti, di prendermi i miei momenti con lui anche se distanti.
Mi sarei fatta del male. Ma l'unico modo per avere lui era passare del tempo in questa casa.
<Si Edward, sto bene. Mi rimetterò in forze e riprenderò le mie mansioni. E condividerò il mio tempo con voi.>
<Nulla deve essere fatto per obbligo o contro voglia. Voi dovete studiare e sarò felice di darvi una mano.>
Nella mia testa un mare di pensieri legati a quella sua risposta.
Rabbia per le sue parole. Lui non era libero da vincoli e mi imponeva di non averne.
Se solo avessi potuto buttargli in faccia la verità delle sue parole…
Sapevo altresì che sarebbe stato tutto vano e che mi avrebbe allontanato ancora di più.
Avrei sopportato questo sacrificio in nome del mio amore per lui.
Io avrei retto la situazione.
Io lo avrei amato segretamente.
Io lo avrei assecondato in ogni sua richiesta pur di potergli stare accanto.
Lo avrei fatto perché anche lui in cuor suo mi amava. Ma questo dettaglio era solo mio, lui non aveva idea che le sue parole erano stampate nella mia memoria.
Arrivò l'ora di pranzo e mi fece mangiare. Controllò ogni singola forchettata di cibo. I suoi occhi non abbandonavano mai il mio viso.
Questo fino a che non finimmo di pranzare.
<Nel paiolo ho messo a scaldare dell'acqua così da potervi lavare via il ricordo di questo malanno.>
Mi alzai per prepararmi alla toeletta. Lui mi stava aiutando portando il catino in cucina, stendendo i teli e gli abiti puliti accanto al camino.
Mi si avvicinò.
<Quando avrete terminato chiamatemi, vi aiuterò con il catino.>
E uscì dalla cucina.
Fu rigenerante il calore dell'acqua.
Fu un caldo abbraccio. E volai con la mia mente. Al ricordo di quel rapido contatto con la sua pelle.
Bruciava come l'acqua in questa tinozza. Mi aveva riempita di brividi. Gli stessi che al solo ricordo ricoprivano la mia pelle.
Cercai di scrollare quei pensieri, stavano creando in me sensazioni mai provate.
Calori improvvisi in parti del mio corpo inesplorate, tanto da imbarazzarmi e farmi vergognare di me stessa.
Quanti cambiamenti in quei pochi giorni.
E tutto questo grazie a lui. Il mio pastore.
Mi lavai in fretta. Ogni minuto lontano da lui sarebbe stato tempo perso.
Uscii dalla tinozza e mi asciugai per benino con i teli di cotone che aveva messo davanti al focolare. Mi vestii e lo chiamai.
Portammo la tinozza all'esterno.
<Come vi sentite Bella?>
<Meglio.>
Proseguii verso la cucina per riordinare. Lui mi fu subito dietro.
<Dovete ancora riposare, lasciate a me, ancora per oggi, poi recupererete nei giorni a venire.>
<Non sono né stanca né debole.>
<Bene, ma non siete ancora in forze per cui, per non rischiare inutili ricadute ora state buona qua e leggete un po’ il testo che vi ho prestato.>
In fallo.
Ero in fallo e non potevo ribattere.
Sentivo le gambe tremare ma non riuscivo a determinarne la ragione. Lui? La malattia? L'odore di un buon libro? Il caldo del camino acceso?
Di sicuro la prima ipotesi era quella più probabile.
Andai in camera, cercai il libro. Era sul comodino. Insieme al messaggio di mia madre.
Quel biglietto bruciava.
Un po’ come una condanna a morte.
Un po’ come un invito a cadere nella tentazione.
Ma non avevo alcuna voglia di contraddirla.
Sarei rimasta lì. Per lei, per la sua richiesta. E per me, per il mio amore.
Tornai in cucina.
Cominciai a leggere seduta accanto al focolare.
Edward mi aveva preparato la sedia a dondolo.
Mi sistemai e mi persi nelle pagine di quello splendido romanzo.
Come terminò di riassettare la cucina si sedette accanto a me. Il suo libro delle preghiere comuni era ormai liso ma nonostante questo era perfettamente leggibile.
Era preso dalle sue litanie che non si accorse del mio fissarlo.
Era visibilmente teso, i suoi lineamenti induriti da chissà quali pensieri.
Le labbra tese che si aprivano poco giusto per sfiatare quelle sacre parole in cui sembrava cercare conforto.
Mi persi a guardarlo. Era una creatura sublime, fine e tanto bello quando era assorto nelle sue preghiere…
Quando notai i suoi occhi muoversi nella mia direzione finsi di dormire. Non potevo farmi vedere distratta da lui.
Non mi avrebbe permesso di studiare con lui. Così finsi. Di nuovo.
Sentii la sua sedia scricchiolare, i suoi passi felpati lo fecero avvicinare a me.
Mi prese in braccio, d'istinto feci poggiare la testa a peso morto sulla sua spalla. A labbra leggermente dischiuse inspirai il suo profumo.
Cercai di imprimerlo affinché una volta sola potessi sognarlo.
A quante prove di forza di volontà lo avrei spinto in questa situazione? Era giusto mi comportassi così?
No, non era il giusto atteggiamento che una signorina doveva avere.
Ma così avevo deciso. Non volevo farne a meno, ed in qualsiasi forma ne avessi potuto godere lo avrei fatto. Per me.
Mi portò in camera, mi poggiò delicatamente sul mio letto e mi coprì.
La sua mano carezzo la mia guancia bollente. Non era più febbre. Il suo pollice si fermò all'angolo delle mie labbra e sospirò.
<Avrei voluto tu avessi più forza di volontà. Avrei voluto tu scappassi da me.>
Il mio cuore si fermò.
<Come potrò resisterti anima mia, tu complichi il mio voto, tu mini la mia stabilità, la tua bellezza è un'esca.>
Poi mi carezzò il braccio, scese sulla mano. La strinse alla sua e le posò un dolce bacio.
<Voglio inebriarmi del tuo profumo fino al prossimo nostro incontro.>
Altro stop del mio cuore.
Non resistetti più. Strinsi la sua mano. Lo guardai. Lui sgranò i suoi splendidi occhi verdi e tremò di fronte ai miei.
<Dobbiamo parlare Edward…>
7 commenti:
Bene vediamo come padre Edward se ne sa uscire da qst situazione.
beccato!!!! ahahahahah
Vai Bella inducilo in tentazione!
Ed eccomi qui...
E come la mettiamo adesso Padre Edward? Ormai è stato beccato e non può tirarsi in dietro.
Aspetto con ansia il prossimo aggiornamento *me in trepida attesa*
Kiss ida
Secondo me prima o poi cede... Mi piace questo Edward così tormentato però... Fata.
oh, oh, e adesso che le racconti Padre Edward? sarai costretto a parlare del tuo voto o continuerai a sviare l0argomento?
Pattz, questa storia mi intriga sempre di più. Sicuramente apparirò come la pervertita che sono ma è molto "stimolante" Eddy versione clericale :)
baci Patty
ciaoooo.. bella storia,edward prete mmm,ora che isabella ha sentito cosa prova,come si comportera il nostro prete?ciaoooo Maria50.
è sì!!! porca miseria!! ADESSO DEVONO PROPRIO PARLARE!!!! E PERBENINO ANCHE!!!
corro a leggere il prossimo!
Ila Cullen
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